Nelle procedure di liquidazione del patrimonio, ovvero dei concordati con continuità aziendale, l’espressione tipicamente anglosassone “cram down” si riferisce al fenomeno giuridico in base al quale il Tribunale adito omologa la procedura intrapresa, nonostante che un creditore appartenente ad una classe dissenziente contesti la convenienza della proposta se ritiene che il credito possa risultare soddisfatto dal concordato in misura non inferiore rispetto alle alternative concretamente percorribili.
Tale principio trova applicazione sia nell’ambito delle procedure concorsuali cosiddette “maggiori”, sia in quelle similari “cosiddette minori” di cui alla L. 3/12.
La recente normativa dispone che in considerazione della situazione di crisi economica per le imprese, il Tribunale possa omologare l’accordo anche in mancanza di adesione da parte dell’amministrazione finanziaria o degli enti gestori in forme di previdenza o assistenza obbligatorie quando l’adesione è decisiva ai fini del raggiungimento della percentuale di cui al primo comma e quando, anche sulla base delle risultanze della relazione del professionista di cui al medesimo comma, la proposta di soddisfacimento della predetta amministrazione o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie è conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria. Si vuole, in sostanza, sostenere l’imprenditore in crisi nel caso in cui venga intrapresa la strada dell’accordo di ristrutturazione del debito, quale mezzo di risanamento a cui l’impresa in crisi ricorre per tentare di ridurre l’esposizione debitoria, assicurando il riequilibrio della situazione finanziaria.
L’accordo perché abbia seguito deve essere accettato dal 60% dei creditori. Ulteriore e recente intervento legislativo ha previsto che: “il Tribunale omologa il concordato preventivo anche in mancanza di adesione” (art. 20, co. 1, D.L. n. 118/21). Sul punto, prendendo le mosse da un’interpretazione più estensiva -fermi tutti gli altri requisiti richiesti dalla norma- il cram down fiscale e previdenziale sarebbe ammissibile non solo in caso di silenzio, bensì anche nell’ipotesi di diniego espresso da parte dei creditori pubblici. Tale orientamento, maggioritario, è stato avvalorato dalla Corte di Cassazione- Sezioni Unite con ordinanza del 25 marzo 2021 n. 8504..
Con riferimento alle procedure di sovraindebitamento e, in particolare, al concordato minore, in perfetta sintonia con il Codice della Crisi e le procedure maggiori, il Legislatore, con la legge di conversione del c.d. Decreto Ristori, ha introdotto il cram down erariale e previdenziale. Pertanto, ai sensi dell’art. 12 co. 3 quater L. n. 3/2012, la proposta di accordo potrà essere omologata dal Tribunale anche senza l’adesione dell’Amministrazione, ove il gestore della crisi ne attesti la convenienza rispetto all’alternativa ipotesi liquidatoria.
Il Legislatore ha così esteso anche alle procedure di composizione della crisi l’applicazione del c.d. cram down, già previsto per il concordato preventivo e per gli accordi di ristrutturazione dai novellati articoli 180, comma 4, e 182-bis L.F.