Il danno parentale

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17/09/2022

La morte di un congiunto dà luogo ad un danno non patrimoniale consistente nella perdita del rapporto parentale, allorchè colpisce soggetti legati da uno stretto vincolo di parentela, la cui estinzione lede il diritto all'intangibilità della sfera degli affetti reciproci e della scambievole solidarietà che caratterizza la vita familiare nucleare.

Il danno parentale, è un danno diretto, non riflesso, ed ammette la prova presuntiva (Cass. 7748\2020). Alla lesione del diritto all'intangibilità della sfera degli affetti e della reciproca solidarietà nell'ambito della famiglia, all'inviolabilità della libera e piena esplicazione delle attività realizzatrici della persona umana nell'ambito della peculiare formazione sociale costituita dalla famiglia, la cui tutela è ricollegabile agli artt. 2, 29 e 30 Cost., può conseguire, dunque, un duplice pregiudizio consistente - non solo nella mera perdita delle abitudini e dei riti propri della quotidianità, bensì -, per un verso, nello sconvolgimento dell'esistenza (profilo dinamico-relazionale) rivelato da fondamentali e radicali cambiamenti dello stile di vita e, per altro verso, nella sofferenza interiore (profilo morale soggettivo) derivante dal venir meno del rapporto.

Ne consegue che, in caso di perdita definitiva del rapporto parentale, ciascuno dei familiari superstiti ha diritto ad una liquidazione comprensiva di tutto il danno non patrimoniale subito, in proporzione alla durata e intensità del vissuto, nonché alla composizione del restante nucleo familiare in grado di prestare assistenza morale e materiale, avuto riguardo all'età della vittima e a quella dei familiari danneggiati, alla personalità individuale di costoro, alla loro capacità di reazione e sopportazione del trauma e ad ogni altra circostanza del caso concreto, da allegare e provare (anche presuntivamente, secondo nozioni di comune esperienza) da parte di chi agisce in giudizio, spettando alla controparte la prova contraria di situazioni che compromettono l'unità, la continuità e l'intensità del rapporto familiare (Cass. ord. n. 20287/2019).

Per quanto concerne il profilo della liquidazione si osserva che il danno da perdita del rapporto parentale, così come altre ipotesi di danno non patrimoniale, è liquidabile esclusivamente mediante il ricorso a criteri equitativi a norma del combinato disposto degli artt. 1226 e 2056 c.c.

Nella concretizzazione della clausola generale dell’equità in sede di quantificazione del danno non patrimoniale, il giudice di merito deve perseguire il massimo livello di certezza, uniformità e prevedibilità del diritto, così da assicurare la parità di trattamento di cui l'equità integrativa è espressione (Cass. n. 12408/2011 come richiamata dal Trib. Milano, sez. X, n. 594/2021). Invero, “l'adozione della regola equitativa di cui all'art. 1226 c.c., deve garantire non solo una adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l'uniformità di giudizio a fronte di casi analoghi, essendo intollerabile e non rispondente ad equità che danni identici possano essere liquidati in misura diversa sol perché esaminati da differenti uffici giudiziari" (Cass. n. 10579/2021; n. 12408/2011).

Proprio per assicurare l'esigenza di uniformità di trattamento in situazioni analoghe in ossequio all’art. 3 Cost. e, quindi, di certezza del diritto, sono state predisposte delle Tabelle da alcuni Tribunali (Roma e Milano in particolare) che individuano parametri uniformi per la liquidazione del danno non patrimoniale.

Recentemente, la Suprema Corte ha ritenuto che, al fine di garantire detta prevedibilità delle decisioni giudiziali, è preferibile utilizzare il c.d. sistema del punto variabile, che consente di pervenire ad una “conversione della clausola generale in una pluralità di ipotesi tipizzate risultanti dalla standardizzazione della concretizzazione giudiziale della clausola di valutazione equitativa del danno”, con ciò definendo “un complesso di caselle entro le quali sussumere il caso, analogamente a quanto avviene con la tecnica della fattispecie, in funzione dell'uniforme risoluzione delle controversie” (Cass. n. 10579/2021).

Dunque, tale danno secondo la giurisprudenza da ultimo consolidatasi (cfr. Cass. ord. n. 10579/2021, cit., Cass. ord. n. 26300/2021) dovrebbe essere liquidato seguendo una tabella basata sul sistema che preveda l'adozione del criterio a punto, l'estrazione del valore medio del punto dai precedenti, la modularità e l'elencazione delle circostanze di fatto rilevanti - tra le quali sono indefettibili l'età della vittima, l'età del superstite, il grado di parentela e la convivenza - con la possibilità di applicare sull'importo finale dei correttivi in ragione della particolarità della situazione, salvo che l'eccezionalità del caso non imponga una liquidazione non fondata sulla tabella.

Le Tabelle milanesi, nel regolare la quantificazione del risarcimento del danno parentale, non hanno fatto ricorso alla tecnica del punto variabile, ma hanno previsto una forbice edittale risarcitoria che consente di tenere conto delle circostanze del caso concreto, quali la sopravvivenza o meno di altri congiunti del nucleo familiare, la convivenza o meno di questi ultimi, la qualità ed intensità della relazione affettiva familiare residua, la qualità ed intensità della relazione affettiva che caratterizzava il rapporto parentale con la persona perduta, l’età della vittima primaria e secondaria.

Al contrario, le Tabelle romane hanno adottato un sistema a punti, basato sulla attribuzione al danno di un punteggio numerico a seconda della sua presumibile entità e nella moltiplicazione di tale punteggio per una somma di denaro, che costituisce il valore ideale di ogni punto.

In particolare, le Tabelle romane individuano cinque fattori di influenza del risarcimento, una volta ritenuta provata l’esistenza di una seria relazione affettiva con la vittima, ossia: (a) il rapporto di parentela esistente tra la vittima ed il congiunto avente diritto al risarcimento (il danno è presumibilmente maggiore quanto più stretto il rapporto); (b) l'età del congiunto (il danno è presumibilmente maggiore quanto minore è l'età del congiunto superstite); (c) l'età della vittima (il danno è presumibilmente maggiore quanto minore è l'età della vittima); (d) la convivenza tra la vittima ed il congiunto superstite (il danno è presumibilmente maggiore quanto più costante e assidua è stata la frequentazione tra la vittima ed il superstite); (e) la presenza all’interno del nucleo familiare di altri conviventi o di altri familiari non conviventi (il danno è presumibilmente maggiore se il congiunto superstite rimane solo, privo di quell'assistenza morale e materiale che gli derivano dal convivere con un'altra persona o dalla presenza di altri familiari, anche se non conviventi).

Come giàdetto, recentemente la Suprema Corte ha censurato l’uso delle Tabelle milanesi nella liquidazione del danno da lesione del rapporto parentale, considerandole inadeguate a perseguire le esigenze di uniformità sottese ad ogni valutazione equitativa (Cass. n. 10579/2021). Nella specie, vengono individuati due principali limiti al sistema tabellare milanese: da un lato, esso "si limita ad individuare un tetto minimo ed un tetto massimo, fra i quali ricorre peraltro una assai significativa differenza (ad esempio a favore del coniuge è prevista nell'edizione 2021 delle tabelle un'oscillazione fra Euro 168.250,00 e Euro 336.500,00)” (Cass. n. 10579/2021); dall'altro lato, non si fa ricorso al criterio del punto variabile, il quale consentirebbe di tradurre la clausola generale dell'equità in una fattispecie, con ciò circoscrivendo l'esercizio della discrezionalità del giudice in sede di liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale e assicurando, conseguentemente, l'uniformità di trattamento sul territorio nazionale.

 

A fronte di tali considerazioni, la Corte di Cassazione auspica il ricorso ad “una tabella per la liquidazione del danno parentale basata sul sistema a punti, con la possibilità di applicare sull'importo finale dei correttivi in ragione della particolarità della situazione. In particolare, i requisiti che una tabella siffatta dovrebbe contenere sono i seguenti: 1) adozione del criterio "a punto variabile"; 2) estrazione del valore medio del punto dai precedenti; 3) modularità; 4) elencazione delle circostanze di fatto rilevanti (tra le quali, da indicare come indefettibili, l'età della vittima, l'età del superstite, il grado di parentela e la convivenza) e dei relativi punteggi” (Cass. n. 10579/2021).

avv. michele de benedittis
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