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24/05/2022
Com’è noto, la legitimatio ad causam, nel duplice aspetto di legittimazione ad agire ed a contraddire, si risolve nell’accertare se, secondo la sola prospettazione dell’attore, questi ed il convenuto assumono, rispettivamente, la veste di soggetto che ha il potere di chiedere la pronuncia giurisprudenziale e quella di soggetto tenuto a subirla, indipendentemente dall’effettiva titolarità del rapporto controverso che attiene al merito della questione (cfr.Cass.2105/00; 1321/95; 1375/93; 9427/87); pertanto, osserva sempre la Corte di Cassazione, il difetto sussiste quanto l’attore pretenda “una pronuncia nei confronti di un soggetto del quale si prospetta l’estraneità al rapporto controverso” (Cass. Civ.sez.III 3/12/1999,nr.13467).
Quando il convenuto eccepisce la propria estraneità al rapporto giuridico sostanziale dedotto in giudizio, viene a discutersi non di una condizione per la trattazione del merito della causa, quale è la “legitimatio ad causam”, ma della effettiva titolarità passiva del rapporto controverso, cioè dell’identificabilità o meno nel convenuto del soggetto tenuto alla prestazione richiesta dall’attore.
E, mentre il controllo circa la “legitimatio ad causam”, nel duplice aspetto di legittimazione ad agire ed a contraddire, si risolve nell’accertare se, secondo la prospettazione del rapporto controverso data dall’attore, questi ed il convenuto assumano, rispettivamente, la veste di soggetto che ha il potere di chiedere la pronuncia giurisdizionale e quella di soggetto tenuto a subirla, ogni eccezione del convenuto circa l’effettiva titolarità attiva o passiva del diritto fatto valere comporta una disamina ed una descrizione attinente al merito della controversia, donde il diverso regime processuale delle due questioni.
Se, infatti il difetto di “legitimatio ad causam”, attenendo alla verifica -sempre secondo la progettazione offerta dall’attore- della regolarità processuale del contraddittorio, è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, l’accertamento della effettiva titolarità attiva o passiva del rapporto, attenendo al merito della controversia, è questione soggetta all’ordinaria disciplina dell’onere probatorio: il difetto di titolarità cioè, deve essere provato da chi lo eccepisce.
avv. michele de benedittis