Qualora all'estinzione della società, conseguente alla sua cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si determina un fenomeno di tipo successorio, cosicché le obbligazioni si trasferiscono ai soci, che ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, pendente societate, essi fossero o meno illimitatamente responsabili per i debiti sociali.
Altresì, si trasferiscono ai soci, in regime di contitolarità o di comunione indivisa, i diritti ed i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta, ma non anche le mere pretese, benché azionate o azionabili in giudizio, né i diritti di credito ancora incerti o illiquidi la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un'attività ulteriore, giudiziale o stragiudiziale, il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi abbia rinunciato (Cass. civ. Sez. Unite, 12/03/2013, n. 6070).
Il tenore letterale del citato arresto, costantemente riaffermato (Cass. nn. 23269/2016, 15782/2016, 25974/2015, 21517/2015), non pone dubbi di sorta. “Con riguardo ad ipotesi di cancellazione volontaria di una società dal registro delle imprese, effettuata in pendenza di un giudizio risarcitorio introdotto dalla società medesima, questa Corte ha, più volte, avuto modo di affermare che deve presumersi che la società "abbia tacitamente rinunciato alla pretesa relativa al credito, ancorchè incerto ed illiquido, per la cui determinazione il liquidatore non si sia attivato, preferendo concludere il procedimento estintivo della società; tale presunzione comporta che non si determini alcun fenomeno successorio nella pretesa "sub iudice", sicchè i soci della società estinta non sono legittimati ad impugnare la sentenza d'appello che abbia rigettato questa pretesa”.
Le sentenze della S.C. nn. 6070, 6071 e 6072 del 2013 sono intervenute nella questione dei rapporti “attivi”, ovvero dei crediti della società cancellata; occorre distinguere tra (i) mere pretese, (ii) crediti controversi e illiquidi e, infine (iii) i crediti certi e liquidi, nonché i beni mobili e immobili.
In tal senso, secondo le menzionate sentenze di legittimità, i soci non succedono nelle mere pretese, che devono intendersi rinunciate nel momento della cancellazione della società: “è ben possibile che la stessa scelta della società di cancellarsi dal registro senza tener conto di una pendenza non ancora definita, ma della quale il liquidatore aveva (o si può ragionevolmente presumere che avesse) contezza sia da intendere come una tacita manifestazione di volontà di rinunciare alla relativa pretesa; ma ciò può postularsi agevolmente quando si tratti, appunto, di mere pretese, ancorchè azionate o azionabili in giudizio, cui ancora non corrisponda la possibilità d’individuare con sicurezza nel patrimonio sociale un diritto o un bene definito, onde un tal diritto o un tal bene non avrebbero neppure perciò potuto ragionevolmente essere iscritti nell’attivo del bilancio finale di liquidazione”.
“Ad analoghe conclusioni può logicamente pervenirsi nel caso in cui un diritto di credito, oltre che magari controverso, non sia neppure liquido: di modo che solo un’attività ulteriore da parte del liquidatore – per lo più consistente nell’esercizio o nella coltivazione di un’apposita azione giudiziaria – avrebbe potuto condurre a renderlo liquido, in vista del riparto tra i soci dopo il soddisfacimento dei debiti sociali. A parere dei giudici di legittimita`, in altri termini, la scelta operata dal liquidatore di velocizzare i tempi del procedimento di liquidazione e pervenire all’estinzione della societa`, rinunciando ad espletare le incombenze occorrenti per la definizione di situazioni pendenti conosciute o conoscibili, e` da considerare come una manifesta rinuncia alle stesse; trattasi quindi di una presunzione iuris et de iure.
La conseguenza è, quindi, l’esclusione di qualsivoglia fenomeno successorio dei soci nella pretesa sub iudice, con conseguente impossibilita` per questi ultimi di impugnare l’eventuale sentenza di rigetto ovvero di avvantaggiarsi della pronuncia favorevole (Cass. Civ. n. 8582/2018; Cass. Civ. n. 15782/2016).
Per quanto concerne, invece, i crediti certi e liquidi, altri beni mobili o immobili che, se fossero stati conosciuti o comunque non trascurati al tempo della liquidazione, sarebbero figurati in bilancio, le sentenze di legittimità sanciscono rispetto agli stessi un pieno fenomeno successorio da parte dei soci, in regime di contitolarità o comunione indivisa.
Pertanto, stante la pendenza del giudizio alla data di scioglimento della società …. si deve ritenere e concludere che il credito pretesamente vantato dalla società non fosse certamente certo, liquido ed esigibile ma una mera "ragione di credito", ancora dubbia (Il decreto ingiuntivo opposto e le cui pretese hanno formato oggetto del giudizio dinanzi alla Corte di Appello … e che ha formato oggetto della impugnata sentenza, pur citato nell’atto di scioglimento di società in nome collettivo del .., risultava a quella data essere stato pure revocato dal giudice di prime cure con sentenza ….
avv. michele de benedittis